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  • L’ombra di “M”.

    A margine delle polemiche sulla Festa della Liberazione.

    Non insisterei a chiedere all’attuale Presidente del Consiglio di esplicitare la sua idea di antifascismo. Il voto del popolo, seppure con l’enorme peso degli astensionisti, è andato al centro destra e la sinistra non è riuscita a dare corpo ad una proposta di riforme dell’Italia che potesse andare bene all’elettorato.

    Quindi il potere spetta all’On.le Giorgia Meloni che non lo ha conquistato dicendo:”trasformerò questa Camera in un bivacco di soldati”. E non è necessario che faccia sapere al Paese come la pensa sull’antifascismo. E il Prof. Scurati sbaglia a chiederglielo.

    L’Italia è stata fascista e in parte anche nazista finchè le cose andarono come voleva Mussolini. Cioè fino a quando le truppe naziste conquistarono Parigi, la Polonia e quant’altro.

    La resistenza in quel periodo di avanzamento nazista si trasferì in massima parte all’estero fraternizzando con i partigiani d’Europa.

    Ma quando le cose della guerra si misero male, quando la Russia resistette all’avanzata hitleriana e Londra divenne imprendibile; e quando entrarono in guerra gli Stati Uniti gli italiani si divisero e una parte irriducibile di essi fondò la Repubblica Sociale. La liberazione dell’Italia avvenne grazie al Vento del Nord che spazzò via il Fascismo prima ancora dell’arrivo degli americani.

    Ma l’Italia non era liberata nei cuori di tutti. I comunisti tennero le armi in cantina in vista di una liberazione russa fortunatamente mai avveratasi. I fascisti subirono la Liberazione nonostante i governi democratici sostanzialmente promossero la pacificazione nazionale.

    I bravi americani, per non sapere nè leggere nè scrivere, piazzarono i loro missili intercontinentali nucleari sul suolo italiano che, credo, non sono stati mai spostati.

    E la divisione si è protratta fino ad oggi. Il Movimento sociale fu ritenuto fuori dell’arco costituzionale salvo utilizzarne i voti in Parlamento ogni volta che il Presidente del Consiglio di turno ne avesse bisogno. E’ evidente che la parte pseudo-fascista dell’Italia abbia mal digerito la democrazia nelle forme costituzionali che ha assunto in Italia. Ed abbia dovuto, obtorto collo, in tutti questi anni accettare un sistema che ogni due anni esprime una crisi di governo e nuove elezioni.

    Ma la democrazia è sempre il sistema migliore rispetto ad ogni forma di dittatura.

    Ed è qui il busillis per la destra. Modificare il sistema in una pseudo dittatura della Presidenza del Consiglio. Imbavagliare la stampa e la Rai, conquistare la parte centrale dell’elettorato (Renzi, Calenda e quant’altro) per togliere appoggi ad un ipotetico governo di sinistra. E’ fascismo? diciamo che è una forma moderna di democrazia presidenziale. La fine che fece il Fronte popolare in Francia non ha insegnato nulla all sinistra italiana.

    Ancora non siamo fascismo ma è quella la strada maestra, l’idea che, nel tempo, finita l’epoca di Berlusconi che forse rimpiangeremo, gli eredi del fascismo e della Repubblica di Salò intendono percorrere, tra pistolettate alla Tex ed elucubrazioni sulla cattiveria dei comunisti. In Europa l’esempio dell’Ungheria è plasticamente esaminabile.

    Quindi caro Scurati hai perfettamente ragione a livello intellettuale ma non ha senso chiedere lumi alla Presidente del Consiglio sollecitando una risposta che non può e non vuole dare. La risposta è nei fatti e semplicemente dirsi “antifascista” per Lei sarebbe troppo agli occhi del popolo sottomesso, un popolo che non ci deve capire nulla, solo credere, obbedire e combattere. Al limite divertirsi con Sanremo e il calcio.

    Viva l’Italia liberatasi, viva la Festa di Liberazione.

  • Non chiediamo troppo a Mattarella

    A margine del discorso di fine 2023.

    (Fonte: http://www.quirinale.it)

    In molti hanno criticato il discorso del Presidente l’ultimo dell’anno. Sarebbe il solito tronfio discorso che non ha novità o segnali di attualità. Tuttavia vediamo perché quel discorso non poteva essere diverso.

    Intanto non si può prescindere da quanto succede nel panorama mondiale e interno che non consente di usare toni trionfalistici o grondanti felicità anche nel periodo delle festività.

    Sul piano internazionale la furbata tragica di Putin tiene tutti col fiato sospeso dato che si sa per certo che il despota russo non si ritirerà dal Donbass se non attraverso un intervento bellico massiccio, anche con la partecipazione di truppe non ucraine, che non si sa dove porterebbe.

    Sul fronte medio-orientale la miccia accesa dai terroristi di Hamas a Gaza sta lì a ricordarci che dal 1947 non c’è stata mai pace in quelle zone e che l’Onu e gli inglesi (che avevano il protettorato) non sono riusciti a combinare gran che sul piano diplomatico.

    In Italia poi i politici usciti dalle ultime elezioni con il taglio dei parlamentari non si mostrano certo dei maghi e professionalmente potrebbero avere problemi anche con qualche esercizio di liceale memoria. Come dire, per risparmiare qualche milione di euro, 5Stelle e Lega ci hanno imposto i loro piccoli chimici mentre un Parlamento più vasto sarebbe stato più rappresentativo, meno controllabile e più valido alla fine. Eppure si vuole ancora maggiore controllo. E certo visto che non si riesce a convincere amici e avversari sui temi essenziali bisogna ingessare il Presidente della Repubblica e bloccare il potere saldamente in mano all’esecutivo. Potremmo adottare il sistema di Orban a questo punto. Rivendicare Nizza e Fiume. E’ chiaro che sono provocazioni ma la destra che vincerà le elezioni europee ha chiara solo una cosa: prendere il potere e tenerlo saldamente. Il resto verrà da sè. Pura illusione.

    Per non parlare del debito pubblico e degli altri problemi sollevati dal Presidente come quello dei femminicidio. Qualsiasi paese che paghi 80 miliardi di interessi passivi sul debito avrebbe instaurato un regime economico di guerra, tagliando ogni euro di spesa pubblica non indispensabile. Ma non è così: la recente legge di bilancio è zeppa di concessioni clientelari. Ma tant’è. Del resto la maggior parte degli interessi va nelle tasche degli italiani, non certo di quelli che non arrivano alla fine del mese.

    E si pretende che Mattarella dica va tutto bene la marchesa.

    L’arrivo della destra al potere non ha fatto altro che rafforzare il celodurismo di bossiana memoria ben mascherato dietro doppi petti e marsine. Come se non si sappia che nei gangli pubblici del potere si inneggi a faccetta nera e al Duce la cui effigie viene invocata ogni sera da qualche nostalgico che siede sul secondo scranno del Parlamento.

    Espressione della società italiana si dice, questa è l’Italia di oggi anche se sembra essere tornati al tempo in cui i treni arrivavano in orario e ce l’avevamo con la plutocrazia inglese.

    Per cui il Presidente ogni anno non fa che ricordaci i punti critici che restano tali negli anni e fa bene, così forse ci entreranno bene in testa una volta per tutte. Fa bene anche perché è dovuto risalire al Quirinale perché i famosi politici, in parte dediti come in passato agli affari delle opere pubbliche, non sono riusciti a trovare un degno sostituto. Sono gli stessi politici che gli rimproverano di aver dato l’incarico a Monti e a Draghi, due economisti di valenza internazionale. Salvo poi giovarsi, gli stessi politici critici, delle azioni dei governi passati e dei miliardi che sono arrivati dall’Europa. Di fronte ai quali sono pure capaci di storcere il naso magari cambiando i progetti e facendo a gara a chi la spara più grossa, tipo la costruzione del Ponte sullo stretto.

    Insomma non si fanno le nozze con i fichi secchi e bene ha fatto Mattarella a ricordarci che l’Italia è un bellissimo paese ma, come un Pierino impazzito, impossibile da gestire!

  • Merito e team, subito.

    Osservazioni a margine di un articolo del Prof. Cottarelli su una proposta di riforma del Ministro per la pubblica amministrazione Paolo Zangrillo.

    La proposta di dare una pagella al lavoro dei giudici (per non parlare di test psicologici) ha scatenato il solito putiferio, cosa che avviene puntualmente ogni volta che si tocca una casta di intoccabili. Succede quando si vogliono perseguire i politici per reati commessi pronti ad invocare le guarentigie appannaggio dei parlamentari oppure quando si vuole mettere sotto fisco, per esempio, alcune attività economiche dei religiosi svolte sul territorio dello Stato italiano. 

    Oppure quando si vuole valutare la professionalità degli insegnanti o quella dei professionisti iscritti ad ordini di medievale memoria.

    Insomma i gangli nevralgici del sistema pubblico e para pubblico ha sistemi inesistenti di valutazione ovvero sistemi fasulli che si basano su una sorta di autovalutazione concordata con i capi.

    Come ci ricorda Cottarelli (Espresso dell’8 dicembre 2023) il Ministro Zangrillo propone di valutare i dirigenti pubblici a 360° gradi, vale a dire da parte dei superiori, ma anche prevedere una valutazione da parte di colleghi e subordinati.

    Sembra un’ottima idea ma la strada sarà lunga in una giungla dove in molti si sono costruiti i loro bunker inaccessibili. Sarebbe anche ora di abbandonare la struttura gerarchica di tipo militare che ancora va per la maggiore nei ministeri e introdurre il lavoro in team, coinvolgendo di più le giovani risorse attualmente sottoutilizzate.

    A Cottarelli il sistema proposto da Zangrillo non piace. Non sarebbe opportuno – a parere del professore – dare la possibilità ai subordinati di valutare i propri dirigenti.

    Vediamo invece perché la proposta del Ministro potrebbe rivelarsi corretta.

    Nella situazione attuale gli obiettivi da raggiungere nella pubblica amministrazione sono fissati, a cascata, sulla base della direttiva del ministro, in primis dal Direttore Generale e giù giù fino ai funzionari e altri altri dipendenti. Ma si tratta di obiettivi concordati e strutturati in modo tale che siano facilmente raggiungibili. Così ogni anno tutti i dirigenti e i dipendenti pubblici raggiungono un’adeguata performance e ricevono gli incentivi previsti contrattualmente.

    Pochi soggetti restano fuori o vengono valutati in modo mediocre.

    Dov’è il problema? I dirigenti generali sono scelti o confermati in base all’appartenenza politica. Si applica il famoso spoil system di derivazione statunitense. Al cambio di governo si decide chi confermare o sostituire.

    Poi, appunto, a cascata, i dirigenti generali scelgono i dirigenti di cui si fidano. Il resto dei dipendenti, generalmente, resta per lungo tempo al posto con le medesime funzioni.

    Chi meglio di loro conosce la macchina amministrativa e può operare suggerimenti o indicare criticità.

    Il sistema per obiettivi attuale fa si che tutti siano legati tra loro in una sorta di abbraccio rischioso perché se qualche dirigente generale non li raggiunge ii responsabili, di fatto, vanno ricercati nel gruppo di dirigenti e dipendenti che lavorano con lui.

    E’ questo sistema concordato con i sindacati e ingessato che fa acqua da tutte le parti a danno del merito. I sindacati hanno sempre rifiutato il merito perché non si fidano dell’onestà intellettuale dei dirigenti. E’ più comodo assicurare gli incentivi a tutti, a pioggia, anche ai lavativi.

    E allora il Ministro Zangrillo ha ragione nel voler incrociare le valutazioni meritocratiche dall’alto e dal basso. Infatti le criticità potrebbero annidarsi e, in molti casi avviene, nell’incapacità del dirigente generale di fare squadra e di individuare risorse umane adeguate. Quindi aggiungere una valutazione dal basso potrebbe essere di aiuto per i diversi organi di valutazione. Non concordo quindi con lo stimato Prof. Cottarelli: in un sistema ingessato come quello dell’amministrazione pubblica odierna ogni aggiustamento, seppure piccolo, sarebbe ben gradito da parte dell’utenza e delle casse erariali.

  • La Svezia, il paese di Astrazeneca, oggi in crisi

    Tassi alti

    In base al periodo dei tassi alti che la BCE, con a capo Cristine Lagarde, ha dovuto intraprendere per contrastare lo schizzare in alto dell’inflazione, Svezia e Germania, per ragioni diverse sono entrate in crisi e, nel 2024, saranno le due uniche nazioni per le quali si ritiene giunga un periodo recessivo.

    I dieci milioni di svedesi, retti da un governo socialdemocratico, fanno le spese di tale scelta per aver contratto soprattutto mutui a tasso variabile, e, probabilmente dovranno ridurre il loro benessere sociale invidiato da tutti. Così il mito svedese della casa per tutti comincia a scricchiolare visto che gli interessi da pagare diventano enormi e il prezzo delle abitazioni è destinato a scendere vorticosamente. Un pò quello che è successo negli Stati Uniti nel 2008 con i mutui subprime anche se l’innesco fu dato dalle alchimie finanziarie delle banche americane e l’utilizzo indiscriminato dei derivati.

    Quello che ci preme evidenziare è come una scelta obbligata ma forse fatta troppo frettolosamente, quella del rialzo dei tassi in Europa, abbia potuto avere effetti così deleteri per gli svedesi e quasi inesistenti per gli altri paesi europei. E ci si chiede come mai i rappresentanti svedesi in seno al Parlamento europeo non abbiano fatto fuoco e fiamme per lo meno per rallentare la crescita dei tassi.

    Poi si disse che Draghi era amico delle banche. Ora le banche si stanno arricchendo, hanno licenziato migliaia di lavoratori, chiusi innumerevoli filiali e vivono di rendita grazie ai tassi alti e l’homebanking che ci costringe a operare online con programmi informatici basilari e in alcuni casi veramente rompicapo. Non ne parliamo se dovete fare un bonifico e pagare le tasse con F23 o F24. Lì i campi da riempire diventano un terno al lotto. Ci si chiede cosa facciano i garanti e le autorità di controllo sulle banche che stanno andando per conto loro con un governo che ha tentato di tassarle ma che ha dovuto fare marcia indietro. A proposito di poteri forti.

    Si è scoperto poi che gli alti tassi non hanno toccato minimamente le famiglie francesi i cui mutui per l’acquisto della prima casa sono in maggioranza a tasso fisso e questo la francese Lagarde non poteva non saperlo.

    Forse è un’ulteriore spinta per far entrare la Svezia nell’euro – vige ancora la corona svedese – e nella NATO?

  • Prefazione alle Conferenze sul “militarismo” (dicembre 1897)

    di Guglielmo Ferrero

    Queste conferenze furono tutte, salvo la nona, tenute in Milano, tra il 7 febbraio e l’11 aprile del 1897, per incarico avuto dalla “Unione Lombarda per la Pace”. Naturalmente, furono prima dette in forma più breve e più semplice; allungate, arricchite e rimutate poi in vari modi, prima di essere date alle stampe. Al momento di pubblicarle, vorrei esprimere un desiderio: che non si attribuissero a questo libro ambizioni di propaganda troppo grandi; sopratutto che non si chiamasse il suo autore, come già mi sembra di udire, l’apostolo di una nobile utopia, che purtroppo utopia resterà. Questo libro non vuole annunciare agli uomini nessun nuovo regno dei cieli, nè descrivere nessun favoloso paese di cuccagna; vuol solo dimostrare che, nel passato, la guerra è stata la figlia dei peggiori vizi umani e non la madre delle più belle virtù; che nel presente, tra i popoli civili di Europa, la guerra non ha più alcuna funzione da compiere, e che perciò va sparendo; anzi è già morta e sopravvive solo nella immaginazione degli uomini, troppo lenta a seguire i rapidi rivolgimenti delle cose. Questa non è dunque una fantasticheria sentimentale, ma una analisi della vita, una interpretazione della 10 realtà; che può essere erronea; ma che fu tentata con il solo e deliberato proposito di penetrare la verità delle cose. Ammetto io stesso — e spero così di risparmiarmene il rimprovero — che questa dimostrazione non può considerarsi come interamente e rigorosamente scientifica; nè poteva esser tale, in brevi discorsi che miravano specialmente a diffondere nel pubblico le prime conclusioni di lunghe ricerche, che vo proseguendo da anni; e la cui prima dimostrazione, scientifica davvero, spero poter dare tra non molto, con gli studi sulla decadenza dell’impero romano. Pure mi sono indotto a pubblicare questi discorsi, perchè ho veduto che libri di questo tipo servono a diffondere tra le persone colte il gusto delle questioni e degli studi sociali; opera per sè stessa così utile, che si può senza rimorso consumare in essa tempo e fatica. E anche spero che il lettore intelligente non annovererà nè l’autore nè l’uomo a cui il libro è dedicato, per volere del quale le conferenze furono tenute, tra gli zampognari virgiliani che cantano egloghe, e descrivono una vita futura, tutta pace e dolcezze, deliziata da ruscelli di latte e da pioggie di miele. Questo libro è tutto pieno di orrore per la violenza cieca e brutale; per la ambizione sterile delle glorie militari, che non abbia altro scopo fuori di sè stessa. Questo orrore però non nasce dal credere che la vita possa o debba essere mai un idillio ininterrotto, ma dal pensare che, più la esistenza è piena di pericoli, di difficoltà, di grandi e nobili ambizioni, più 11 deve l’uomo purificare la sua morale, la sua politica, la filosofia della vita con cui si governa, da ogni stoltezza, follia e vanità. Ora noi abbiamo bisogno urgente di una simile purificazione. Da quarant’anni si lavora a persuadere il popolo italiano che la salute è per lui nei principî morali e nelle istituzioni di quel militarismo di tipo francese e napoleonico, che fu introdotto tra noi dopo il 1860; da quarant’anni si sottopone gran parte della gioventù maschia all’educazione della caserma; si tenta in tutti i modi di esaltar l’anima del popolo con una passione militare, che se non genera l’energia, la simuli almeno…. Eppure il frutto maturato da tanto lavoro sembra essere una crescente mollezza del temperamento nazionale. Nel mondo nuovo come nell’antico, i nostri operai si lasciano maltrattare a furore di popolo da moltitudini che inferociscono, anche perchè sanno di non trovare nelle vittime nemmeno la resistenza del furore disperato; sulle montagne e nelle macchie nostre più selvaggie il brigante intrepido comanda come un re a contadini e a signori; moltissimi dei nostri piccoli paesi sono ancora tiranneggiati da pochi facinorosi, maneschi e violenti, che la autorità tollera e che la viltà universale non sa umiliare; nelle alte classi gli avventurieri senza scrupoli, moltiplicando le audacie, dominano tutti, i ricchi, i nobili, i potenti, che non trovano nella coscienza dei doveri del proprio grado, ceto od ufficio, la forza di resistere a loro. E infine ecco tutti, a compiere il quadro, ripetere che la gioventù che cresce adesso è una gioventù di cen12 cio. È certo insomma che l’Italia ha bisogno di accrescere in sè tutti i coraggi, dal coraggio fisico al coraggio morale; di fortificare il suo popolino con uno spirito più marziale e di agguerrire le sue classi dirigenti di un maggiore ardire contro la disonestà prepotente. Orbene, questo libro vorrebbe cominciare a dimostrare che l’Italia non sarà mai capace di questa ricostituzione morale, se non capirà che è tempo di riparare agli sprechi del passato; se non capirà che un popolo, come una famiglia, non può vivere sempre di debiti; che è vano credere si possa indefinitamente, con artifici ingegnosi, godere più di quanto si è meritato con il proprio lavoro. La civiltà moderna è piena di agi, di delizie, di grandezze; ma non è ancora l’êra delle fate, in cui non sia più necessario meritarsi queste belle cose con audacia di intraprese e pazienza di lavoro. Invece, dal 1860 in poi, una parte del popolo italiano, quella purtroppo più colta e più favorita dalla fortuna, ha creduto che la civiltà moderna fosse solo godimento; fosse una specie di magia, per la quale noi avremmo potuto godere infinitamente più dei nostri padri, ma senza lavorare molto più di loro. Da questa idea, figlia di vari sofismi e della pigrizia insita nella natura umana, è nato il nostro modo presente di vivere e di governarci; è nata la crisi che, rovinando, dopo un’êra breve di prosperità, il popolo e la classe media, ha rotta, per dir così, la spina dorsale del paese. Non con guerre, fortunate o infelici, in Africa o in Europa; non con una educazione di caserma, che va di13 ventando ogni giorno più una apparenza, si potranno ridare al paese le energie di cui manca; ma con una riforma della vita pubblica e privata, che ristori la fortuna di queste classi, e faccia insieme possibile di migliorarne le condizioni intellettuali e morali. Ma questa riforma non è possibile, se sopratutto la classe media non dà alla fine un esempio di saviezza da lungo tempo atteso invano; se invece di lasciarsi scioccamente traviare da esempi mal capiti di lussi e grandezze straniere, non si persuade, guardando a sè, che senza dolore e spirito di abnegazione non si riesce a nulla sulla terra; che una onesta povertà tollerata pazientemente, durante un dato periodo, può essere, come fu per la Prussia prima del 1870, la prova della saggezza, per un paese il quale abbia da riparare follie passate e voglia prepararsi a futura ricchezza e potenza; che le impazienze della ricchezza e del lusso, privato o pubblico, fanno quasi sempre ricascare più giù nella miseria, nella incoltura, nella barbarie. Infine, al momento di mandare per il mondo questo libro, non posso non pensare ancora una volta, con una specie di vago affetto indefinito, a quel pubblico così variato che venne a sentire questi discorsi e col quale siamo vissuti due mesi, in una intimità, intellettuale, piena, da ambedue le parti, di tante sottili compiacenze e di tante calorose espansioni. Dei due mesi che furono necessari a svolgere, una domenica dopo l’altra, questo ciclo, mi rimarrà lungamente la memoria come di uno dei periodi della vita in cui ho vissuto più interamente in 14 una condizione di ebbrezza gioconda e di felicità piena. “Era — domanderanno molti — il piacere di vanità, provato nel ricevere gli applausi, nel vedere di volta in volta il pubblico crescere e riscaldarsi?” Sarei un ipocrita, se affermassi che questo piacere contribuì poco alla felicità di quei giorni; ma sento di poter dire che altri motivi più nobili di compiacenza si mescolavano ai primi e che la mia gratitudine per gli uditori di Milano non nasce tutta da un sentimento così egoistico. Vivissimo, intensissimo, quasi inebriante fu il piacere di vedere come l’anima di tanta gente diversa vibrasse per queste idee, trovasse in esse quasi il soddisfacimento di un bisogno intellettuale e morale. Tante delle idee di questo libro furono meditate a lungo, tra i cimiteri silenziosi di lontane cose morte da secoli, su vecchi libri e documenti coperti dalla polvere veneranda di ciò che fu, tra le rovine di civiltà passate; andavano diventando l’oggetto di una contemplazione deliziosa ma solitaria, nella quale non pensavo di avere a compagni che pochi spiriti curiosi di vedere e sapere…. A un tratto invece ecco rivelarsi che quella, che sembrava curiosità personale, rispondeva a un interessamento di molta gente; e la gioia ne è stata vivissima, come di chi si sente meglio a suo agio, quasi direi più a casa sua, nel mondo; come di chi, viaggiando paesi stranieri, si imbatte a un tratto in un crocchio di amici del suo paese, che parlano la sua lingua, e che egli credeva restati nella patria lontana; come di chi si sente crescere a un tratto tutte le forze dell’anima, trovandosi improvvisamente davanti la cosa, che 15 egli supponeva lontana e credeva di dover cercare con lunghe fatiche. Ancora una piccola avvertenza, e ho finito. Questo libro viene in luce dieci mesi dopo l’Europa Giovane. Ma l’Europa Giovane, se fu pubblicata nel marzo del 1897, fu scritta, parte nell’inverno e parte nell’estate del 1895; cosicchè questo nuovo libro rappresenta il pensiero dell’autore maturato di due anni. Il lettore potrà così spiegarsi certi mutamenti di idee, senza supporre nello scrittore una volubilità troppo grande. 

  • IL PARTIGIANO GIULIO QUESTI

    Auguri Italia sempre dalla parte sbagliata

    Chi ce lo fa fare di rischiare la pelle si chiedeva un giovane partigiano sulle Montagne sopra a Bergamo. Rispondeva subito qualcuno più anziano della Brigata che operava da quelle parti: “i tedeschi bruciano le case, violentano le donne, calpestano il suolo della nostra Patria, sono ragioni più che sufficienti per rischiare la vita e cercare di cacciarli”.

    Giulio Questi fu uno di loro e i suoi ricordi li ha pubblicati in “Uomini e comandanti” presso Einaudi. Le sofferenze di quei giorni in montagna, gli ordini, i compagni raccolti via via che la Brigata si ingrandiva, le fucilazioni. L’Italia che voleva la liberazione dal nazifascismo è tutta in quelle azioni più o meno pianificate, agli ordini che venivano eseguiti, agli ideali che ognuno si portava dentro. 

    In un’intervista a Repubblica alla domanda cosa fu per lui la liberazione Giulio Questi rispose: “Furono giorni memorabili. Ma subito dopo ci sentimmo spersi. Eravamo stati la legge. E poi più niente. Ci tolsero le armi. La grande allegria di libertà si spense a poco a poco. Lo Stato si riorganizzò nel nome della continuità. Tornarono i vecchi prefetti. Per cosa avevamo combattuto?”

    Ecco, dopo ogni rivoluzione o insurrezione si torna indietro, c’è la restaurazione. Chi ha combattuto rischiando la vita e magari pensava ad un rinnovamento generale della società è destinato a forti delusioni. Cacciati nazisti e fascisti, al capitalismo occidentale non parve vero ricostruire e impossessarsi di quello che restava dell’Europa, giungendovi prima dei russi che incombevano da est.

    Cosa fa un liberatore/conquistatore: installa basi missilistiche, costruisce un’alleanza militare solida come la NATO, pensando che il prossimo scontro potrà solo essere soltanto con nazioni ove è cresciuto il comunismo. Con la caduta del muro di Berlino nel 1990 e la fine degli accordi di Yalta l’immaginaria linea di difesa a protezione dell’occidente dal comunismo espansionistico dell’ex URSS si è spostato sempre più ad Est. Così arriviamo ai giorni nostri, all’invasione dell’Ucraina. Situazione molto diversa da quella degli anni 1943/1945. Qui ci sono stati accordi, quelli di Minsk, che Francia ed Inghilterra dovevano far rispettare nelle zone del Donbass, cosa che invece non è avvenuta.

    La Russia attuale poi ha combinati uno dei guai più inspiegabili con l’invasione dell’Ucraina. Così ha tagliato i ponti con l’occidente a cui è storicamente legata (un tempo si parlava il francese si pensi un pò) isolandosi in una politica del tanto peggio tanto meglio, brigando in Africa e in medio Oriente. Dove la porterà questa politica sotto l’egida della Cina ormai quasi padrone del mondo non è dato sapere. Quello che è certo è che il battaglione Azov e la Wagner sono mercenari pagati per rischiare la vita e non hanno nulla a che fare con la resistenza italiana contro il nazifascismo.

    Ormai l’ex blocco sovietico si è disintegrato ed è fallita la spinta a coinvolgere nel progetto europeo la Russia. La linea che dal Baltico arriva al Mar Nero costituisce la nuova frontiera, via via destinata ad essere rafforzata dal punto di vista militare.

    I crimini commessi dai russi e dalle truppe mercenarie sul territorio ucraino impediscono che si giunga ad una pace vera. Sarà sempre un cessate il fuoco destinato a durare poco. Nel tempo poi le cose cambieranno. Basta considerare che i tedeschi che si sono macchiati dei più orrendi crimini di guerra oggi si trovino a pieno titolo in Europa e, anzi, forniscono armi all’Ucraina sostenendo l’anelito di quel popolo alla riconquista dei territori conquistati dai russi.

    La guerra partigiana descritta da Giulio Questi è uno spaccato degli ideali e delle dure condizioni di vita di ragazzi con meno di vent’anni che volevano combattere per un Paese libero e socialista. Ma la resistenza ebbe anche altre componenti, persino quella monarchica. Incredibile ma vero visto che il fascismo si insediò all’inizio grazie alla debolezza della Monarchia che se avesse voluto avrebbe bloccato sul nascere la dittatura. 

    Così l’Italia si divise di nuovo tra chi era pronto a passare dalla parte della Russia comunista e teneva le armi in cantina e i partiti occidentali che, come la Democrazia Cristiana, volevano restare sotto la protezione dell’America e della NATO.

    Il Movimento Sociale, da cui proviene il nostro attuale Presidente del Consiglio, fu tenuto fuori dal cosiddetto Arco Costituzionale per anni, non avendo voluto ripudiare con chiarezza le idee fasciste. Onore a Gianfranco Fini che invece si assunse questa responsabilità a Fiuggi.

    Ma anche oggi l’Italia è schierata con Paesi come l’Ungheria e la Polonia che notoriamente sono governati con il pugno di ferro nei confronti delle libertà essenziali. Di nuovo in minoranza, di nuovo dalla parte sbagliata della storia. Auguri Italia e italiani liberati e governati da gente a cui non affideresti nemmeno il condominio.

  • Perchè accanirsi sulla sinistra che non c’è più. Notte sul Tevere.

    Riflessioni a margine delle sconfitte elettorali – Astensionismo

    Ci fanno notare (critiche sempre gradite) che si sta abusando della parola “sinistra” dal momento che, a livello politico, non c’è più un soggetto che abbracci le idee essenziali della sinistra. Infatti abbiamo assistito alla demolizione dell’art. 18 e alla privatizzazione della sanità e della scuola. In aggiunta si è fatta la politica dei voucher e il job act. Mi pare che siano scelte a partire dal governo Renzi.

    Si addebita molto questa situazione a Letta che essendo stato in Francia forse non si è reso conto a che livello di evaporazione fosse giunta la sinistra, giunto in Italia con idee progressiste ma poco realistiche. Così Letta al massimalismo dei 5Stelle ha preferito che l’Italia finisse governata dalla Presidente Meloni, male sicuramente minore dello sfascio proposto dall’assistenzialista Conte. Questa in sintesi l’analisi proposta dal nostro amico di merende.

    Che dire in proposito.

    Si tratta di giuste considerazioni ma era chiaro fin dall’inizio che la parentesi emergenziale, con i governi presidenziali che tenevano fuori proprio Fratelli d’Italia, sarebbe prima o poi finita e le lacrime e sangue versati durante quel periodo avrebbero finito per colpire i partiti/movimenti sostenitori di tali governi. Il centro destra si è imposto con la forze trainante di Fratelli d’Italia. Lega e Forza Italia ne hanno beneficiato.

    A Roma, come avvenne tempo addietro, i quartieri popolari come Tor Bella Monaca hanno votato il candidato delle destra che ha interpretato meglio i loro bisogni di ordine e sicurezza, esigenze prioritarie in quelle zone. In Lombardia il voto ha premiato un governo che va avanti da decenni e che evidentemente soddisfa le esigenze di quella regione. Si sa che le amministrative non sono sovrapponibili alle elezioni politiche. Influiscono molti fattori tra i quali campeggia il pensiero che tanto non si tratta di scelte fondamentali irreversibili e che, viste le poche risorse a disposizione, chiunque può imbastire una minima azione di governo regionale. Il votante non si fa tanti calcoli. Nel Lazio poi la gente non può trascurare il fatto che se hai bisogno di una visita o di un esame diagnostico urgente è impossibile rivolgersi alle strutture pubbliche che hanno tempi d’attesa di mesi.

    Nel tempo si sono viste le strutture private in convenzione o meno conseguire enormi guadagni, grazie anche alla pandemia, mentre le strutture pubbliche sovraffollate, in particolare i pronti soccorso, che accumulano debiti e vedono molti medici rivolgersi altrove.

    Nel Lazio poi la scelta del termovalorizzatore come idea-guida della campagna elettorale è stata la più demenziale. Una scelta su cui era già caduto il governo Draghi e che ha impedito, di fatto, l’accordo con i 5Stelle. Siamo sicuri che la gente sia favorevole al termovalorizzatore? Che voglia un altro grande camino alle porte di Roma in aggiunta a quelli delle centrali di Civitavecchia e di Montalto di Castro? Avrei tentato una consultazione popolare al riguardo.

    L’oggi ci dice che il PD sta scegliendo il segretario come se si tratti del problema dei dirigenti che ha determinato la sconfitta e non le proposte politiche rappresentate durante la campagna elettorale.

    Vedremo il prossimo anno alle europee che succederà. Nel frattempo occorre che si marchi strettamente il governo di destra che potrebbe lasciare un’Italia ordinata ma ridotta alla fame.

  • La sinistra divisa e le armi

    5 Stelle – PD – Destra – Spese militari

    E’ da molto che qualcosa mi diceva che la politica era cambiata. Forse il più lungimirante è stato Bauman quando ha parlato di liquidità del presente. Ma 10 milioni di spettatori che vedono Sanremo ci dicono che questa liquidità ha un fondale lontano, giurassico oserei dire. Persone che seguono un evento come Sanremo stigmatizzato dai giornali di destra come un covo di comunisti.

    Italiani brava gente, alla fine, musica e pizza. Ma a Sanremo si è fatto un mix di canzonette, sesso e appelli politici. Il milanese che lavora e produce da formica anche per le cicale che vivono sulle spalle degli altri – del resto lo stesso Enea non aveva il padre e il figlioletto da salvare e nutrire? – non è riuscito, come modello, a conformare la vita dell’italiano medio, quello che il caffè, l’Inter la Roma e il Napoli, quello che la fattura tanto non la scarico, quello che basta con le regole europee, quello che sulle spiagge regala un pò d’amore alle donne del Nord che almeno d’estate basta con la serietà di lavoro e famiglia.

    Personalmente mi sono sempre piaciuti la Francia e la Germania, per quello che hanno rappresentato sul piano culturale, ma non posso dimenticare quello che hanno fatto i tedeschi, quello che la immensa profondità culturale ha impedito di fare a quel popolo. Ogni tanto si ricorda che Hitler era autriaco. Ma il potere nazi-fascista si è affermato sull’onda popolare di una crisi economica e sociale paurosa. Un’onda che è cresciuta grazie alla miopia dei trattati di Versailles che hanno inflitto una penalizzazione della Germania che era palese non poteva essere onorata.

    La sinistra già allora fece degli enormi sbagli. Prima con il fronte popolare, sconfitto sonoramente. La strada al nazifascismo fu spianata dall’incapacità di raccordare forze popolari di sinistra e di centro.

    Oggi abbiamo una guerra in corso tra Stati Uniti e la Russia, due delle forze che sconfissero il nazifascismo e che ci hanno liberato, non lo dimentichiamo. Ma anche due potenze che dopo aver ben bene raso al suolo l’Europa se la sono sono spartita, anche questo non lo dimentichiamo. E che gli Stati Uniti si sono affrettati a distruggere civilmente il Giappone prima dell’arrivo dell’orso russo anche su quel versante.

    Insomma i liberatori si sono sempre guardati in modo sospettoso spartendosi le zone di influenza.

    Peraltro come dimenticare che tedeschi (nazisti) e russi (comunisti) si misero d’accordo nel 1939 (patto Ribbentrop-Molotov) per spartirsi la Polonia e i Paesi Baltici?

    Solo che con la caduta del muro di Berlino l’orso russo si è ritirato dai territori occupati e subito la Nato ha creduto bene di allargarsi. Sempre beninteso su richiesta degli stati ex URSS rimasti ormai sprovvisti di protezione.

    Per cui la destra sa da che parte stare. Molti politici italiani ed europei sono ancora attratti dalla corte di re Putin. Per cui fornitura di armi limitata alla difesa e stop alle armi d’attacco all’Ucraina. In questo modo il conflitto si cronicizzerà e Putin finirà per tenersi i territori sottratti all’Ucraina. Mentre il resto dell’Europa sta valutando l’invio di caccia e missili a lungo raggio per fronteggiare l’offensiva russa di primavera. Su questa linea Stati Uniti, Francia e Germania. Stati che non ignorano che in Italia il Ministro degli Esteri fa parte di Forza Italia il cui leader si vanta di essere un amico di Putin.

    La guerra in Ucraina è un affare colossale per i produttori di armi di ultima generazione. In sostanza all’Ucraina si forniscono le armi attualmente in magazzino residui della seconda mondiale, si prestano a quello stato soldi a tasso agevolato o a fondo perduto mentre gli stati fornitori si rinnovano i loro arsenali militari. Con la prospettiva di ricostruire l’Ucraina, sfruttarla economicamente e piazzarci qualche missile più vicino a Mosca.

    In questo quadro il PD di Letta è per il sostegno pieno all’Ucraina mentre i 5Stelle sostengono di fermare l’invio di armi.

    Sul piano interno la sinistra italiana si situa ad ogni elezione, un pò più a sinistra o un pò più a destra. E questa altalena legata ai capi di turno, finisce con lo stritolare qualsiasi volontà di riscossa. Inoltre, la sinistra, ha accettato la direzione del Quirinale ogni volta che un evento straordinario si è messo di traverso sullo scenario politico. I vari Monti, Gentiloni, Draghi hanno messo mano ad una politica di destra. Di conseguenza il popolo ha detto: allora tanto vale far governare la destra.

    Non è che la gente non si renda conto delle cose e molte volte risponde con il non voto e la disaffezione alla politica.

  • Dove sono finiti i sani principi?

    Vita – Pagnotta – Politica – Cultura – Compromessi.

    Ci si dice che non ci sono più i principi alla base della comunità, il valore del merito, la condanna della raccomandazione, siamo tutti uguali anche di fronte alle legge.

    Insomma quei principi che da giovane hanno animato l’essere studente, il costante punzecchiamento dei vecchi al potere. Qualcuno passò il guado in quei periodi e si dedicò alla violenza nelle brigate rosse o nere. Il Ministro Donat Cattin restò allibito nello scoprire che il proprio figlio militava nelle file di Prima Linea. Il maggio del 1968 innescò un processo di contestazione che durò a lungo.

    Molti laureati usufruirono del cosiddetto 18 politico, grazie anche al clima di paura in cui erano stati costretti i professori che a stento riuscivano a portare a termine gli anni accademici.

    Sul piano politico ci fu il tentativo di compromesso storico oggi attuato nei fatti senza che generi lo scandalo che suscitò allora. Oggi la Russia fa meno paura di allora e forse è un errore di valutazione perchè proprio in queste ore quella potenza mondiale mostra il suo espansionismo in occidente viso che in oriente la Cina è impossibile da scalzare.

    In sintesi ci fu un movimento che tentò di rinnovare una società retta dalla Democrazia cristiana su mandato degli Usa che ci avevano liberato dal nazifascismo, una società dedita a salvaguardare la proprietà contadina e i grandi potentati economici destinatari di sovvenzioni e aiuti. L’università, in massima parte gestita dai “Baroni”, che ne disponevano a piacimento quanto a ricerca e posti di cattedra. Mi verrebbe da dire che anche oggi ci sono episodi simili che, fortunatamente, qualche giudice riesce ad intercettare.

    Ma veniamo ai principi. Oggi il lavoro, sostituito progressivamente dalle macchine intelligenti, non si trova più dietro l’angolo. D’altro canto ai nostri giovani che abbiamo chiesto a gran voce di prepararsi culturalmente proponiamo lavori umili per i quali sono impreparati visti gli sforzi che hanno fatto per studiare. C’è uno scollamento tra studio e possibilità di lavoro. I “figli” di non avranno sicuramente problemi instradati dai propri genitori sulla strada da loro già tracciata. Gli altri, se capaci economicamente, andranno all’estero ove il sistema offre più possibilità di impiego.

    Per chi resta la vita si farà sempre più dura. In Italia abbiamo una classe politica di dubbia cultura e quella che ci ha portato fuori dal Covid e dalla crisi economica ha avuto il benservito. Si sa gli italiani erano tutti fascisti quando Mussolini era al potere poi dopo l’arrivo degli americani erano tutti antifascisti. Così con il covid gli italiani non volevano vaccini e mascherine ma non volevano neppure che fossero contagiati. Insomma la quadratura del cerchio. Così è la vita. Botte piena e moglie ubriaca.

    Come la fattura a fini IVA. Ma è un’imposta europea ma chi ce lo fa fare. Non la richiediamo. A livello di imprese promuoviamo una partecipazione societaria così paghiamo con il sistema PEX. In sostanza si azzera quasi l’imposizione. Invece a dipendenti e pensionati è lo Stato stesso che effettua il prelievo impositivo, perchè si sa si tratta di soggetti di dubbia fedeltà.

    E allora i principi costituzionali, l’uguaglianza, la libertà, il lavoro finiscono nel tritacarne generale. Ognuno per sè e Dio per tutti. Tu devi essere irreprensibile, rispettare le regole, morire senza colpo ferire, è la tua weltanschauung.

    E no cari furbetti del quartiere, populisti della prima e della ultima ora. I principi teneteveli voi che non ci credete, politici, burocrati della politica e delle sacre stanze le potere statale che intendete riportarci al passato (autarchia, Giappone cose già viste) e intendete imporli agli altri. Del reso, finito il PNRR, voglio vedere che farete. Forti con i deboli e deboli con i forti. Imprenditori esterofili, con le direzioni aziendali all’estero perchè in Italia ci sono i sindacati. Capi amministrativi inamovibili schiacciati dalle circolari scritte da loro stessi. Politici demagoghi svernanti a Cortina o alle Maldive. Gestori di televisioni e giornali succubi del potere. Con i denti cercheremo la nostra strada. In tutti i modi salvo rifiutare la violenza.

  • L’influenza etrusca orientaleggiante riscontrabile nei capitelli di San Flaviano a Montefiascone

    Etruscan news del 2006 by Larissa Bonfante (deceduta 23 agosto 2019) – Già Prof.ssa emerita alla New York University – Esperta di lingua e cultura etrusche.

  • Autunno

    21 dicembre 2000
  • Scordiamoci i fondi europei. Forse dovremo restituire quelli già avuti.

    Il modello Polonia.

    Il nuovo Presidente del Consiglio ha spiegato, a più riprese, che l’Italia seguirà i modelli di Polonia e Repubblica Ceca. Inoltre spera che anche in Svezia si segua la medesima strada. Diciamo subito che la Polonia sta attendendo da anni 36 miliardi di PNRR dall’Europa che non li eroga dato che quello Stato ha assunto le caratteristiche di una semi-dittatura. La magistratura e i tribunali sono sottoposti ai politici, la libertà delle donne e della diversità di genere è stata limitata fortemente. Non esiste la libertà d’informazione.

    Se l’Italia segue questo modello presto vedremo i nostri titoli di Stato divenire carta straccia a discapito di quei riparmiatori che magari hanno pure votato per il centro destra.

    Altro che assicurare ai cittadini sostegni economici per le bollette e il gas. Qui si va verso il baratro in cui si sono cacciati Polonia e Ungheria. L’Italia è tra i Paesi fondatori dell’Europa, siamo a pieno titolo dall’inizio nella zona euro.

    Se Berlusconi e non solo lui vogliono assoggettare i magistrati alla politica, limitare la libertà di informazione, lasciando alla destra reazionaria campo libero nel comprimere i diritti civili abbiamo la quadratura del cerchio ponendoci di fatto fuori dall’Europa dei diritti.

    Riflettano Letta, Conte, Renzi, Calenda, Fratoianni e i Verdi sul bel capolavoro politico che sono riusciti a partorire grazie all’ego di ognuno di loro espressione di una sinistra parolaia e inconcludente.

  • Non uccidere

    E’ uno dei comandamenti più bistrattati nella storia dei popoli; è il recente messaggio ripreso da due artisti chiamati ad esprimersi sui principi fondamentali della vita sociale, con una loro opera, per festeggiare il 75° compleanno della Costituzione italiana.

    Per la celebrazione dell’evento il MAXXI ha dato incarico a due artisti contemporanei, Emilio Isgrò e Mario Botta, di realizzare un’opera che esprimesse i valori insiti nella nostra Carta costituzionale.

    Emilio Isgrò

    L’opera è stata installata nel cortile antistante il MAXXI e vuole celebrare il precetto cardine di ogni società: non uccidere. “Isgrò interpreta il tema della Costituzione attraverso una rivisitazione delle tavole bibliche dei Dieci comandamenti, simbolo universale di tutte le costituzioni e principi fondanti d’ogni convivenza pacifica e civile tra i popoli. L’artista applica il gesto della cancellatura, cifra riconosciuta della sua opera, lasciando leggibile, e quindi in evidenza, solo il quinto comandamento: NON UCCIDERE.” Così si legge nella spiegazione dell’opera posta nel piazzale antistante il MAXXI.

    Il comandamento è tradotto in undici lingue, trascritto e scolpito “su coppie di tavole in pietra del Sinai”.

    La Costituzione è intrisa di questo valore laddove ripudia la guerra quale strumento di risoluzione dei conflitti e promuove l’integrazione sociale a prescindere dalla professione di fede o dalla razza.

    L’architetto Mario Botta costruisce un padiglione in legno massello di cedro ove sono disposte a cerchio le tavole di pietra di Isgrò. Ma l’opera è aperta e lascia intravedere l’architettura del Museo.

  • La leggenda del volo di Alessandro Magno

  • L’incontro con Romana Petri e il suo “Rubare la notte”

    Addomesticare la volpe – La compagna pecora – Staccarsi da terra – Volare – La rosa

    Capita che una sera passi per via Piave a Roma e sbirci la vetrina della libreria Mondadori. Tra varie iniziative è previsto un incontro con Romana Petri per discutere del suo ultimo romanzo “Rubare la notte”. La sera stessa ti trovi al piano di sotto della libreria ove un gruppetto di lettori attende l’evento. Sì perché lì è attivo un gruppo di lettura. Tra il pubblico molte donne, qualcuna giovane.

    Insomma si comincia con un’introduzione (Gioacchino De Chirico) che pone delle domande a Romana. E lei non si fa pregare, anzi anticipa temi e storie che vuole raccontare.

    Intanto ci dice che il suo autore preferito era ed è Jack London sul quale ha pubblicato anche un lavoro. Il tema che emerge prepotente è quello dell’infanzia, dei sogni, della notte luogo deputato per scorribande fantastiche e avventurose.

    “Rubare la notte” è la vita romanzata dell’autore del Piccolo principe, le sue avventure, la sua voglia di volare e tante altre aspirazioni che Romana ci fa toccare con mano via via che il romanzo prende corpo. Il rapporto di Tonio (così si chiama il personaggio principe del romanzo) con la madre, genitore e amante virtuale, che lo segna per tutta la vita ma dalla quale si separa per andare nel deserto e in guerra.

    Un’infanzia felice, quella di Tonio, che però ha le sue ricadute come non riuscire a stabilire un rapporto sereno con una donna. Ma Romana ci parla anche della sua infanzia e di come il padre, musicista e attore, le leggesse “Il Richiamo della foresta” interpretandone con passione i passaggi del testo ritto sul lettino prima dell’arrivo del sonno e della notte.

    Un padre che a volte recitava l’Odissea e altri classici proponendo nuovi finali magari con la vittoria di Ettore, improbabile visto che Achille era un semidio.

    Così crescendo Romana è rimasta segnata da un printing fiabesco fertile per reinventare storie o scriverne di nuove.  Crescendo diventa una lettrice vorace delle opere di Antoine de Saint-Exupéry che non smetterà mai di rileggere. Oggi “Rubare la notte” è uno dei finalisti del premio Strega 2023. La libreria Piave di Roma ci ha fatto conoscere Romana, Gioacchino e Valentina e l’importanza culturale di questi luoghi di incontri culturali..

    In bocca al lupo Romana.